
Notti, stagioni, scritti e dintorni ( Robin Edizioni) è un libro che si legge in un crescente vortice di emozioni.
Mattia Dragone sa far vibrare le corde più profonde con versi che scavano, esplorano e raccontano il sentire umano avvolti nella potenza dolce e struggente della poesia.
L’autore porta nei suoi scritti il sapore autentico di un’anima che parla d’amore attraverso versi che sembrano quasi un canto lieve e appassionato, sospeso nell’aria. Questo libro è il suo esordio, ma è già carico della maturità emotiva di chi attraversa la vita con occhi aperti e cuore generoso.
Le sue poesie non parlano soltanto dell’amore, ma dell’Amore universale, quello che si cerca con disperata tenerezza, quello che si trova e si perde infinite volte in un abbraccio continuo di corpi e anime. Mattia Dragone descrive l’amore come comunione perfetta, come si evince anche dalla prefazione di Cosimo Marulli, dove l’”io” scompare per far spazio a un “noi” più autentico, intenso, infinito.
Ti lascio andare
è ciò che non so fare
ma devo.
Me lo hai chiesto in un sogno…
E poi c’è la notte, protagonista silenziosa che raccoglie confidenze, ferite e rinascite. Una notte che è buio ma anche protezione, che è vuoto ma anche occasione di riscoperta. Un’anima bifronte che diventa luogo sacro per perdersi, sentirsi annichiliti eppure vivi, pieni di dolore ma pronti a risorgere con il nuovo giorno.
Ogni verso sembra scritto con inchiostro e con la sincerità spietata di chi lascia parlare il cuore, magari davanti ad un bicchiere di vino, dove cadono le maschere e rimane solo la verità dell’essere umano.
Leggendo, ho sentito la fragilità umana farsi forza, il dolore diventare bellezza e la solitudine trasformarsi in cammino verso l’altro. Un libro che consiglio a chiunque abbia il coraggio di guardarsi dentro, perché queste poesie non sono soltanto parole: sono vita pura e autentica, che ci sfida e ci invita a ricominciare sempre.
Ho avuto il piacere di conoscere Mattia al lavoro e fin dal primo incontro ho percepito un’empatia rara, una sensibilità acuta e una genuinità che si manifesta immediatamente nei suoi modi gentili e nel suo sguardo attento e profondo.
La stessa empatia emerge chiaramente in ogni poesia dove riesce a creare un legame intimo con chi legge, come se fosse un dialogo silenzioso che attraversa spazio e tempo.
È stato bello ritrovare questa sua qualità personale tra le righe dei suoi versi, confermando quanto la poesia sia lo specchio fedele della sua anima.
Ecco cosa mi ha raccontato durante la nostra chiacchierata:
Mattia, domanda obbligatoria: come è nata la tua passione per la scrittura e la poesia?
Diciamo che nel corso degli anni sono sempre stato attratto dalle varie forme d’arte. Non nego che mi sarebbe piaciuto essere un grande pittore, un vero scrittore di narrativa, un cantautore…
Ma bisogna fare anche i conti con sé stessi e con quelle che sono le proprie attitudini e, soprattutto, i propri limiti. E col tempo mi sono accorto che la mia scrittura ha il respiro della poesia; è quest’ultima la forma artistica in cui mi ci ritrovo maggiormente e che mi consente di esprimermi al meglio.
La passione è nata come valvola di sfogo tra una pagina e l’altra dei libri universitari… appunto come una sorta di universo parallelo in cui rifugiarmi, dal quale attingere ossigeno a pieni polmoni, staccandomi dalla concreta e spesso pesante e ripetitiva vita reale.
So che sei un grande appassionato di musica e di Sanremo. Scrivi anche testi di canzoni? Naturalmente sono curiosa di conoscere anche la tua opinione sulla classifica del Festival 2025!
Beh, una giornata senza musica quanto sarebbe triste e insapore?
La musica è il gancio a cui aggrapparsi in ogni momento della vita.
Io ascolto quasi ed esclusivamente musica italiana, un po’ perché la melodia italiana è in grado di regalarmi emozioni uniche (sono abbastanza un tipo vintage!), un po’ perché sono molto, forse troppo, attento alle parole dei testi. E con la lingua inglese non è che ci vada tanto a nozze!
In particolare, i cantautori italiani fanno parte della mia vita sin dall’età adolescenziale. Tutto cominciò con un cd di Antonello Venditti regalatomi da un mio zio: fu amore a prima vista! Quello stesso zio ha poi impreziosito il mio libro con una bellissima prefazione. Come se il cerchio si fosse chiuso!
Come accennato prima, non nego che partecipare alla nascita di una canzone, magari collaborando con le mie parole al testo, sarebbe un sogno… Mi sono comunque già cimentato nella scrittura di testi di canzoni, alcuni dei quali poi, modificati leggermente al fine di virare verso la forma della poesia, fanno parte del libro che ho pubblicato.
Per quanto concerne il Festival di Sanremo, ne sono, ahimè, un estimatore della vecchia ora! Perché adesso seguire il festival è di “tendenza”, ma decenni fa, quando manifestai la mia passione, ero quasi un alieno! Sono contento però che finalmente da qualche anno un po’ tutta l’Italia (vedi jingle di quest’anno!) lo stia seguendo con fermento. Del resto, è patrimonio nazionale, e andrebbe difeso e curato sempre, a prescindere dal conduttore chiamato a condurlo e dalle mode del momento. È una vetrina importante per la musica italiana e per il costume in generale.
Classifica? Qui mi metti in difficoltà!
Sono tante le canzoni e gli artisti che quest’anno meritavano; le canzoni sul podio mi piacciono molto, ma non si poteva, a mio avviso, non premiare la bellissima canzone di Achille Lauro, a cui il Festival deve qualcosa, e la sempreverde Giorgia. Ma ho apprezzato anche tanti altri artisti, come Noemi, Irama, senza dimenticare Gabbani, che non sbaglia mai un colpo. E la giovanissima Joan Thiele, pezzo molto interessante il suo.
Cosa ti ha ispirato a scrivere questa raccolta di poesie? C’è un filo conduttore che lega le varie composizioni? Come è nata la scelta del titolo del libro?
Negli anni ho scritto poesie per vari motivi, fossero essi gioiosi o per esprimere un malcontento interiore.
Il libro si divide sostanzialmente in due parti: nella prima rientrano poesie più datate, la più in là nel tempo risale a circa 12 anni fa, ed ovviamente raccontano uno spaccato di vita diverso da quello attuale, ma determinante per la mia vita. Si tratta dunque di poesie molto intime, spesso anche troppo, che raccontano i tormenti di un ragazzo alla ricerca di se stesso. La seconda parte è più contemporanea e si apre con la poesia dedicata alla nascita di mia figlia, evento spartiacque della mia vita. Ma non mancano piccoli/grandi sfoghi interiori, poesie che parlano di sogni disattesi, dubbi esistenziali… Insomma, si parla di vita.
Quindi anche se si tratta di poesie spesso distanti anni ed anni l’una dall’altra, mi piaceva comunque racchiuderle in un’unica opera che attraversasse il viaggio di un eterno Peter Pan, quale io mi sento.
Di certo, il filo conduttore di tutta la mia opera è senza dubbio l’amore, declinato nelle varie sfaccettature che in ogni animo umano possano presentarsi.
È un libro molto autobiografico; anche nelle poesie che apparentemente possano sembrare lontane da me, ci ho comunque messo sempre qualcosa di mio, fosse un’esperienza, un vissuto, un particolare pensiero che abbia potuto attraversarmi nel corso della vita.
Per quanto concerne il titolo dell’opera “Notti, stagioni, scritti e dintorni” devo dire che esso è nato quasi prima dell’opera stessa. E sono sincero, è un titolo che a me seduce, ogni qualvolta lo senta nominare o lo legga. Forse perché rimanda al contempo sia a qualcosa di onirico, come la notte, che per anni mi è stata amica sincera e di cui ho scritto in tante poesie, che comunque anche a qualcosa di estremamente concreto e tangibile come le stagioni di una vita, gli scritti su cui annotare quel che siamo e che viviamo.
Noi due non ci siamo scelti,
è l’amore che ha scelto noi
per presentarsi agli occhi del mondo…
Desiderio innato, possente e spiazzante
Quali sono i temi principali che affronti nelle tue poesie e quale messaggio speri di trasmettere ai lettori?
Come ho accennato prima, i temi affrontati non possono che essere il vissuto quotidiano. Il mio vissuto in cui forse potrebbe rispecchiarsi chi legge.
Ogni poesia racchiude al suo interno un po’ di Mattia, di quel ragazzo in cerca di risposte, spesso traballante al cospetto della vita, di quell’eterno fanciullino che si scontra con la realtà così concreta e a volte deludente, di quel ragazzo non più tanto tale che diventa padre, e che non sa se ne potrà essere all’altezza, di quell’eterno romantico che persegue l’amore e la poesia in ogni cosa che fa.
Ed anche se i temi affrontati in qualche poesia non riguardano perfettamente la mia vita, mi piace immaginare come possa essere vivere determinate emozioni, che cerco appunto di mettere nero su bianco. Del resto, un autore non può scrivere solo ed esclusivamente di quello che è il suo orticello, altrimenti rischierebbe di ripetersi; deve piuttosto sporcarsi mentalmente col vissuto della gente, andando a pescare emozioni, sensazioni, suggestioni utili, necessarie per poter parlare di vita.
Ovviamente l’unico obiettivo che ho nello scrivere è quello di cercare di regalare un’emozione a chi legge. Se anche solo in una strofa, in un verso, in un argomento può rispecchiarsi una persona che legge, allora l’obiettivo è raggiunto.
Hai uno stile poetico o una tecnica particolare a cui ti ispiri? Ci sono autori che hanno influenzato il tuo modo di scrivere?
Sono sincero, non ho tecniche particolari. E magari proprio tecnicamente ci potranno anche essere degli errori, magari a livello di metrica, non lo so. Non so se i miei scritti hanno i crismi della composizione poetica vera e propria. Piuttosto penso sarebbe importante per un autore avere il dono della riconoscibilità. Ecco, un bel complimento che ho ricevuto diverse volte è proprio questo, sentirmi dire che leggendo ciò che scrivo, sia riconoscibile la mia mano. Ne sono davvero lusingato.
Io scrivo per buttare fuori ciò che ho e, come dicevo prima, sperando di regalare un sussulto, un anelito d’amorea chi legge. È successo che io vedessi qualcuno leggere una mia poesia dinanzi a me, all’improvviso emozionarsi con le lacrime agli occhi… pervasi da una sincera emozione. Beh, non vi nego che in quel momento ero al settimo cielo.
È proprio questo lo scopo della poesia, per me.
Come diceva uno dei miei miti, Franco Califano, “Non leggo altri autori per non esserne influenzato”. Ecco, per me è anche un po’ così. Se devo dirti però i poeti che mi hanno più che altro attratto, devo spostarmi sui cosiddetti maledetti, e quindi Prevert, Baudelaire… Peccato non si insegnino a scuola!

C’è una poesia a cui sei particolarmente legato? Puoi raccontarci la sua storia?
Ci sono diverse poesie a cui sono legato. Non posso non citare La nuova alba, la poesia con cui è iniziato tutto e che è stata premiata in diversi concorsi. Credo sia una delle più riuscite, anche a detta degli altri. Essa ha dato il la al vero mio rapporto con la scrittura. Mi ha dato delle belle soddisfazioni!
Poi ovviamente Luna Nuova, la prima poesia dedicata a mia figlia, in particolare alla sua nascita; una poesia a cui sono tanto tanto affezionato e in cui ho racchiuso tutte le paure e le speranze che pervadono un neo genitore. E poi L’attimo, Non so dirti di no, anch’essa premiata. Ed ancora Gioco senza tempo, Ultima fugace carezza, Il sognatore (dedicata a mio padre) e Senza mai raggiungerti, una delle tante dedicata a mia moglie. È una raccolta che mi rappresenta molto, e che sono davvero orgoglioso d’avere scritto. Modestia a parte sempre!
Qual è il tuo rapporto con la poesia oggi? Pensi che abbia ancora un ruolo forte nella società contemporanea?
Eh, il mio rapporto con la poesia è lo stesso rapporto che esiste tra due amanti… Perché mentre con il corpo vivo la vita cosiddetta reale, mi interfaccio con la gente e cerco di destreggiarmi nella società, la mia mente, beh, lei è quasi sempre in un mondo parallelo, sempre alla ricerca di una verso, di una frase da annotare sulle note del mio cellulare, prima che la dimentichi. Quindi io, tra gli umani, ci sono e non ci sono!
Per ciò che concerne il ruolo della poesia al giorno d’oggi, direi che l’uomo è ben lontano dal vivere la propria esistenza con un minimo di poesia.
Non mi dilungo sullo scatafascio in cui versa la società, ma di certo la missione dovrebbe essere quella di mettere bellezza un po’ in tutto ciò che si fa. Essere un po’ meno disillusi e cercare di vivere poeticamente. Se è vero, come diceva qualcuno, che la bellezza salverà il mondo, quale migliore strumento è rappresentativo della bellezza più della poesia?

È appassionato di musica italiana, poesia e cinema.
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